Micorizzazione delle piante tartufigene

Piemonte Regno dei tartufi.

La nostra regione è molto famosa per i prodotti del territorio che spesso vengono raccolti e consumati freschi o trasformati non solo sul nostro territorio ma più spesso commercializzati all’estero dove vengono molto apprezzati e rendono famoso il nostro Piemonte.

E’ comune ricordare Asti per i vini moscato, barbera, grignolino, per gli ortaggi quali peperone quadrato, cardo gobbo, la nocciola Piemonte e le carni con la razza Piemontese. L’elenco sarebbe ancora lungo e la nostra scuola nata dall’interesse vitivinicolo negli anni sessanta ha voluto sviluppare interessi e studi agrari spesso nei diversi ambiti per approfondire e valorizzare le  peculiarità della zona.

Era quindi inevitabile che negli anni non si affrontasse anche lo studio e perché no le prove di possibile coltivazione di tartufi, per fare da supporto alle migliaia se non milioni di appassionati.

Sicuramente siamo stati stimolati negli ultimi anni dalla creazione del nuovo indirizzo di studio della ricettività alberghiera che ha ulteriormente incrementato l’interesse in tutte le potenzialità che il nostro territorio già ricco ha ancora da far crescere e conoscere.

Il Tartufo bianco del Piemonte o d’Alba non aveva forse necessità di ulteriore fama o gloria, ma meritava sicuramente un approfondimento come aspetto agrario per valorizzare il nostro territorio collinare che spesso non è fatto solo di zone ben esposte per la coltivazione della vite, ma che riserva un interesse notevole nelle zone boschive dove trovano dimora specie molto diverse arbustive ed arboree e anche erbacee.

Qualche anno fa un forte interesse all’ambiente aveva stimolato la creazione del corso professionale agrario con studi alle essenze boschive e allo studio della fauna con la collaborazione dell’Ente Parchi e della Provincia di Asti. Oggi a distanza di anni l’interesse non è cambiato e continua e, i corsi adeguati alle esigenze attuali sono rivolti agli indirizzi tecnici di Perito Agrario, hanno voluto conservare la strada intrapresa con l’attenzione a tutto il nostro patrimonio del territorio. Quindi la collaborazione proposta dall’Associazione Tartufai di San Damiano d’Asti di voler affrontare lo studio del tartufo e della sua coltivazione ci ha trovati subito interessati e pronti ad affrontare con gli studenti questo momento di grosso pericolo per la perdita di tartufaie produttive.




Il progetto è realizzato con il patrocinio della Fondazione Cassa di Risparmio di Asti e la collaborazione dell’Associazione Tartuficoltori di San Damiano d’Asti, a cui oltre alle serre e laboratori del nostro Istituto Agrario si è affiancato il supporto dell’Università degli Studi di Perugia. La collaborazione a più mani con l’insediamento presso la nostra scuola di molte persone ha fatto da catalizzatore per la divulgazione e il coinvolgimento di diversi Comuni e la piena disponibilità del personale ATA e degli Insegnanti Tecnico Pratici ha permesso facilmente di coinvolgere molte classi e tantissimi studenti anche già delle prime classi come momento di introduzione agli studi agrari.

La presenza frequente di vivaisti, dei contatti con gli agricoltori e il supporto tecnico scientifico dell’Università di Perugia nella persona del dott. Leonardo Baciarelli Falini oltre a personaggi tartufai locali molto eclettici e coinvolgenti quali il dott. Franco Carlevero Livio, hanno permesso la realizzazione di una serra di inoculo e moltiplicazione di piantine arboree micorrizate.

L’Istituto Agrario “Giovanni PENNA” quindi dopo un paio d’anni di lavoro è giunto alla fase di possibile realizzazione di nuovi siti per la produzione e dopo attenti studi del territorio al recupero e conservazione dei siti già esistenti che se non curati attentamente a rischio di perdita per incuria a causa della scarsità di fondi che la crisi economica sta accentuando con abbandono delle zone meno vocate alle colture di pregio o già boschive.
Il progetto pertanto risulta molto articolato e l’impegno dell’Istituto oltre che catalizzatore delle diverse figure professionali riveste una figura istituzionale che oltre da essere da tramite e collegamento funge da divulgatore, informatore e amplificatore attraverso i numerosi allievi che provengono dal territorio e domani potranno essere i promotori delle tecniche che si stanno testando e studiando presso le nostre serre e laboratori.




 Lo studio è focalizzato per ora a due specie fungine ipogee per la loro inoculazione su essenze di rovere da seme ma si stanno testando possibili applicazioni con nuove tecniche vivaistiche da applicare a specie arbustive di pregio, quali il nocciolo nella varietà Tonda gentile del Piemonte.
Le prove di inoculo con Tuber aestivum da un anno hanno dato buonissimi risultati riuscendo a produrre qualche migliaio di piantine di roverella che saranno piantumate in campo nei diversi areali già segnalati dai diversi comuni e dall’Associazione Tartufai.

Il lavoro però è destinato a dare un supporto agli agricoltori attraverso una formazione e divulgazione di schede tecniche utili per la diffusione di tecniche agronomiche indispensabili per la salvaguardia delle tartufaie già esistenti e la moltiplicazione continua di tutte le specie di Tuber presenti sul territorio astigiano. A riguardo si precisa che sono presenti almeno 13 specie di Tuber presenti sul nostro territorio e di cui citiamo:
Tuber magnatum Pico (Tartufo bianco o bianco del Piemonte o d’Alba)
Tuber boschii Vittadini (Tuber albidum Pico o Bianchetto)
Tuber aestivum Vittadini (Tartufo d’estate, Scorzone)
Tuber uncinatum Chatin (Tartufo uncinato, Scorzone invernale)
Tuber melanosporum Vittadini (Tartufo nero pregiato o di Norcia o di Spoleto)
Tuber mesentericum Vittadini (Tartufo nero ordinario o di Spoleto)

L’elencazione sarebbe ancora molto lunga e complessa e andrebbero approfonditi gli aspetti microbiologici e chimici visto che esistono anche specie non commestibili comunemente.

Tecniche agronomiche da adottare per la buona riuscita della tartufaia.

Dall’esperienza maturata in Umbria e dalla collaborazione con l’Università degli Studi di Perugia si è fatto tesoro della loro grande esperienza nata negli anni 1980 in regione per trasferire le tecniche di coltivazione anche qui da noi. In Piemonte la coltivazione dei tartufi è spesso stata condotta con interventi della Regione attraverso l’assessorato Agricoltura e gli Enti preposti allo studio delle coltivazioni arboree quali IPLA (Istituto Piante da Legno) che negli anni ha studiato e realizzato esperienze molto interessanti sulla micorrizazione di diverse specie arboree.

Dagli anni 1990 sono stati realizzati diverse tartufaie con l’intervento dei finanziamenti della Comunità Economica (Reg. CE 2080/92) rivolti a enti pubblici e privati e molto è stato fatto. Gli anni successivi hanno visto emergere diverse realtà anche vivaistiche che si sono affermate a livello locale e nazionale diventando molto apprezzate seppur legate spesso alla forte motivazione di singole persone.
Oggi forse la crisi economica accompagnata dall’abbandono di molti terreni agrari e l’intersesse dei boschi a fini di sfruttamento del legname da riscaldamento ha fatto emergere la necessità di indicare attraverso anche gli enti pubblici che possono diffondere anche ai giovani futuri impiegati nel mondo agrario dei rischi dello sfruttamento indiscriminato e della scarsa attenzione al territorio sui risvolti negativi anche sul mantenimento di questa economia che ruota attorno alla produzione, raccolta e commercializzazione del nostro Re Tartufo.
 Il progetto all’Istituto Agrario “G. PENNA” di Asti prevede la realizzazione di una serra per la propagazione delle piantine e il recupero di tartufaie. Il lavoro ha affrontato lo studio della simbiosi micorrizica, lo sviluppo della tecnica di propagazione e il recupero di tartufaie con una favorevole ricaduta sul territorio a favore dei tartuficoltori e degli enti pubblici e privati che sono interessati a questo importante prodotto del Piemonte.

REALIZZAZIONE SERRA

Durante l’inverno 2011-2012 la scuola ha iniziato la realizzazione di una serra fredda completamente isolata dall’esterno per poter mettere a dimora le piantine prodotte in semenzai sterili dal Vivaio Forestale Umbro di Perugia.

Per lo studio di fattibilità, la realizzazione e la propagazione dei miceli è stata realizzata una convenzione con l’Università degli Studi di Perugia con il supporto del dott. Leonardo Baciarelli Falini che con diverse visite in loco e il supporto dei laboratori dell’Università di Perugia e del Vivaio Umbro. Il lavoro in gruppo ha permesso in pochi mesi di lavoro il completamento della serra con la sterilizzazione degli arredi dei banchi di coltivazione per poter ricevere la piantine per la loro piantumazione in vaso e la loro inoculazione.

La serra è stata dotata di impianto di aerazione con idonei filtri per evitare inquinamenti esterni e durante i mesi estivi viene dotata di un ombreggiante posto al di sopra della copertura per facilitare il controllo degli eccessi termici pericolosi alle piantine micorrizate.

Utilizzando i laboratori dell’Istituto Agrario sono state realizzate analisi chimico fisiche sui terreni di coltura più idonei e durante l’anno sono state verificate le micorrizazioni delle roveri.
Tutti i lavori sono stati condotti con il coinvolgimento degli allievi delle diverse classi dell’Istituto coinvolgendo insegnanti delle diverse materie tecniche. Il progetto se troverà un ulteriore interesse da parte di ulteriori strutture esterne con la necessità di ampliare il numero di piante e/o di specie prodotte si prevede di dotarlo di idonee autorizzazioni vivaistiche per poter rilasciare idonei documenti di accompagnamento delle piante (Passaporti Verdi) da rilasciare alle strutture che ne faranno richiesta.

SIMBIOSI MICORRIZICA

È un fenomeno che può avvenire in modo occasionale o indotto artificialmente tra la radice di piante superiori e un fungo. Questo legame in forma di simbiosi è molto labile e può conservarsi se entrambi i partner che hanno contratto la simbiosi si trovano in condizioni ideali di sviluppo.






La simbiosi può avvenire solo in determinate condizioni e in idonei ambienti:
Presenza di piante ben micorrizate;
Ambiente idoneo ad entrambi i vegetali;
Idonee pratiche agronomiche e tecniche di impianto con attenzione alla copertura vegetale perenne evitando l’uso di prodotti inquinanti.

ASPETTI TECNICI DI PROPAGAZIONE

Il terreno nel vivaio deve essere accuratamente preparato con un giusto dosaggio di argilla e limo, accompagnati da buona dotazione di sabbia e scheletro in superficie per evitare ristagni idrici causati dall’irrigazione e evitare di accentuare attacchi di parassiti fungini.

Le piantine inoculate dovranno essere preventivamente sterili e in condizioni di ottimale ricettività da parte delle radici in fase di forte sviluppo che si può orientativamente manifestare durante i mesi primaverili tenendo conto di una sufficiente irrigazione solo a terra e un ambiente areato e secco.

Tutto il materiale introdotto nei locali di moltiplicazione deve essere preventivamente controllato per evitare inoculazioni di specie fungine e patogeni di qualunque natura. Posizionare idonee aperture con filtri per l’aerazione e operando in serre esposte a sole dotare la copertura di idonei pannelli ombreggianti per evitare innalzamenti termici pericolosi per entrambi i vegetali.

Il pH del terreno deve essere orientativamente attorno a 7,8 – 8,2 e per garantire la sua stabilità è indispensabile la costante verifica dell’acqua di irrigazione che dovrà essere a idonea temperatura, pH e senza la presenza di sali, carbonati e disinfettanti (cloro ecc.).

Nei nostri areali boschivi astigiani le specie arboree più idonee all’introduzione risultano essere: Farnia, Nocciolo, Pioppo, Roverella, Salice e Tiglio. Mentre le simbiosi più frequenti in natura sono:







ASPETTI AGRONOMICI PER LA COLTIVAZIONE
La coltivazione dei tartufi consiste nella messa a dimora in ambienti adeguati e nella successiva coltivazione di piante ben micorrizate.

Il lavoro si può articolare nelle seguenti fasi:
Progettazione del sito;
Impianto;
Cure colturali nel periodo improduttivo;
Cure colturali nel periodo produttivo.


PROGETTAZIONE del SITO
È indispensabile seguire una osservazione attenta del terreno da utilizzare per la realizzazione della tartufaia, analizzando tutti i fattori ambientali e pedologici che risultano determinanti per la riuscita.

Il terreno deve avere alcune caratteristiche che si possono sintetizzare nei seguenti aspetti: giacitura collinare, esposizione non completamente a sud, tessitura fine con pH tendenzialmente calcareo (7,8 – 8,2), precipitazione media stagionale e ben distribuita durante tutte le stagioni (per evitare eccessiva siccità nei periodi riproduttivi o peggio ristagni idrici molto dannosi).

Per meglio rispettare alcuni di questi parametri risulta indispensabile effettuare una analisi chimico-fisica del terreno e verificare attraverso le capannine metereologiche della Regione una scansione mensile delle precipitazioni medie e delle temperature per un periodo di diversi anni consecutivi.

Del terreno è indispensabile conoscere la dotazione granulometrica per evidenziare la necessaria dotazione di sabbia utile per evitare ristagni idrici, la presenza di sostanza organica (ottimale 1 – 2%) e carbonati.

Scelta delle essenze in funzione della zona e delle piante indicatrici spontanee già presenti sul territorio che spesso ci evitano nei terreni astigiani molto eterogenei delle spiacevoli difficoltà di attecchimento di specie troppo esigenti spesso in presenza di strati profondi particolarmente impermeabili e quindi poco adatti a specie fittonanti o peggio con presenze chimiche troppo particolari.


IMPIANTO

La scelta dell’orientamento del sesto deve tenere conto delle specie che si è intenzionati di mettere a dimora, tenendo nelle dovute considerazioni i tempi di colonizzazione che nelle diverse specie possono essere molto differenti tra loro. Risulta quindi molto utile nel caso di specie a ciclo lungo la scelta di consociazioni con altre specie anche arbustive di rapido accrescimento che possano poi essere sfoltite e/o abbattute negli anni successivi per creare un habitat più favorevole con un microclima che permetta alle essenze micorrizare di mantenere la simbiosi per tutto il periodo improduttivo. La consociazione stretta risulta anche molto utile con specie che siano compatibili con i funghi che sono stati scelti sulle piante già micorrizzate e ottimale quindi avere tutte specie predisposte anche piantumate in cespi a due - tre specie ravvicinate.



CURE COLTURALI nel PERIODO IMPRODUTTIVO

Prima della piantumazione è indispensabile una lavorazione profonda tenendo conto di evitare arature che portino in superfici strati profondi mai interessati da lavorazioni meccaniche che hanno interessato le radici delle colture precedenti. Evitare di effettuare concimazioni organiche e chimiche troppo eccessive che comunque sono da mettere in atto comunque con attenzione sulla scelte del tipo di concime per le reazioni chimico fisiche con il terreno agrario e da distribuire prima della lavorazione di aratura.

Molto utili sono le ripuntature con organi fissi che interessano gli strati profondi per evitare di portare in superficie strati profondi troppo diversi e comunque creare fessurazioni utili per la eliminazione degli eccessi idrici in presenza di terreni argillosi e poco profondi o con presenza di scheletro grossolano.

Dopo la realizzazione dell’impianto sono importantissime le cure agronomiche per tutto il periodo improduttivo che devono essere mirate a garantire la conservazione delle micorrizzazioni e alla salvaguardia delle piantine da pericoli dovuti a parassiti animali e fungini che spesso possono mettere a rischio l’attecchimento stesso della piantina.

Posizioniamo sempre un paletto possibilmente di materiale inerte e naturale che faciliti la crescita e a cui fissare sia il fusto che eventuali protezioni (retine o schelter) per evitare rotture o attacchi di animali erbivori roditori che nei periodi invernali possano attaccare i fusti.

Gli schelter nel periodo estivo fungono da utile barriera di controllo delle infestanti erbacee e facilitano le lavorazioni meccaniche in prossimità delle piantine con attrezzi discissori delle aree attorno alla piantina. Inoltre facilitano la crescita dei giovani rami e l’allungamento dei fusti in altezza alla ricerca della luce lungo il tubo dello schelter che dovrà essere adottato come lunghezza differente in funzione dell’età e dell’accrescimento arboreo della specie con attenzione alla possibilità di rimozione senza danneggiare la pianta (sono interessanti i tubi ad anello aperto che possono essere inseriti e tolti semplicemente smontando la struttura senza dover essere tagliati).


PROSECUZIONE DEL PROGETTO E OBIETTIVI

Si prevede nelle prossime settimane di realizzare una decina di tartufaie in siti suggeriti da tartufai e organizzazioni sia pubbliche che private che credono alla importanza della cura e salvaguardia del territorio anche con la sua valorizzazione dei singoli terreni boschivi cercando di stimolare la popolazione anche sulla gestione e la cura del terreno anche se a sola destinazione boschiva.
Nel contempo si prevede di iniziare la seconda micorrizzazione di circa duemila piantine sia arboree da seme che da talea adottando una nuova tecnica di sterilizzazione vivaistica adottata a livello piemontese su vite.
Da quest’anno un gruppo di allievi anche di terza inizieranno un lavoro di stages che prevede un loro coinvolgimento per la progettazione e la gestione di aree verdi boschive in collaborazione con Camera di Commercio, Comuni, Ente Parchi e Associazioni di tartufai e vivaisti.
Il progetto trarrà i suoi risultati tra un paio di anni con la possibile opportunità di ricerca da portare all’esame di maturità e magari diventare per qualcuno anche un opportunità di futuro lavoro.


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

Recupero Tartufaie

 
Il progetto prevede interventi in tartufai già esistenti con la piantumazione di piante micorrizzate e piante predisposte. Inoltre dopo alcune prove stiamo affinato una tecnica di inoculo su piante adulte già presenti con iniezioni a terra di ife fungine solubilizzate in acqua trattata.
La tecnica richiede uno studio del sito con analisi terreno, individuazione delle essenze botaniche presenti e interventi agronomici specifici da individuare sul posto. Si precisa che molto spesso le condizioni microclimatiche e le tecniche agronomiche influenzano molto i risultati finali degli inoculi e risulta indispensabile monitorare il sito costantemente anche con indicazioni meteo e parametri di umidità del terreno costantemente aggiornate.
L’impiego di idonee capannine meteo sicuramente è indispensabile quando si ha l’opportunità di avere delle fonti idriche in logo per effettuare delle irrigazioni di soccorso nei momenti più difficili.
Tra gli interventi più interessanti in fase di realizzazione con collaborazioni e disponibilità da parte dei proprietari dei diversi terreni citiamo:

BRICCO Tommaso (sito in Aramengo - AT) 

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CARLEVERO Livio (sito in Celle Enomondo - AT)

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CARRETTO Paolo (Segretario Associazione Tartufai – sito in Asti)
 








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SPADONI MAURIZIO (sito in Rocchetta Tanaro - AT)

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